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Nibbio, il “mistero” delle falesie chiuse: la Comunità Montana fa chiarezza e denuncia un’amara sconfitta

LECCO – Da qualche tempo sulla falesia del Nibbio ai Resinelli, una delle più celebri del territorio lecchese, campeggiano cartelli di “vietato l’accesso” e “proprietà privata”. Quando tutti sapevano che in realtà era in atto un progetto per chiodarla nuovamente e metterla in sicurezza. Che cosa è successo? Della questione, nell’ambiente, si vocifera parecchio. Si parla di vendita andata in fumo, di richieste esorbitanti, di responsabilità, di proprietari privati arrabbiati, del ruolo di personaggi celebri come Fabio Palma, il Presidente dei Ragni di Lecco. Come stanno veramente le cose? La Comunità Montana Lario Orientale Valle San Martino, a cui fa capo quel territorio, ha deciso di fare chiarezza con un lungo comunicato stampa che ripubblichiamo integralmente.

1. Premessa
La Comunità Montana Lario Orientale Valle San Martino, a 10 anni dall’intervento sulle vie di arrampicata in Grigna Meridionale e Corna di Medale del 2002, Anno Internazionale delle Montagne, aveva ritenuto di effettuare analoghi interventi in falesia, essendo diventata evidente, visto l’entità delle frequentazioni, la necessità della manutenzione di questo tipo di itinerari.
L’arrampicata sportiva infatti è molto diffusa nel territorio lecchese grazie all’abbondanza di strutture rocciose, tutte attrezzate da scalatori volontari e, come in altri comprensori europei (Arco di Trento o Finale Ligure in Italia), si dimostra un importante occasione di fruizione turistica del territorio in chiave outdoor. Un turismo in grado di convogliare migliaia di appassionati ogni anno.
La CMLOVSM ha cioè semplicemente preso coscienza dell’utilità collettiva delle falesie, che a Lecco sono da oltre trent’anni libero e gratuito terreno di gioco accessibile a tutti, oltre a rappresentare fattore di attrazione per il turismo sportivo.
A questo scopo ha pensato di intervenire con due azioni.
– La conferenza “L’arrampicata sportiva, una opportunità per il territorio” svoltasi a Lecco nel dicembre 2013, a seguito della quale si è avviato un processo che ha portato all’Accordo di programma promosso da Regione Lombardia – Assessorato allo sport e politiche per i giovani presieduto da Antonio Rossi;
– Un progetto di primo intervento (Deliberazione del 12.09.2012), “Sistemazione falesie per arrampicata sportiva nell’area lecchese” per un importo complessivo di 60.000,00 €, di cui la metà finanziato da Regione Lombardia (P.I.S.L. 2011-2013).
La Comunità Montana ha fatto tutto ciò che era nelle sue possibilità, nel rispetto delle normative vigenti, per la realizzazione del progetto di valorizzazione del Corno del Nibbio, ma due anni e mezzo di lavoro e di incontri si sono purtroppo ora vanificati in una manciata di cartelli di metallo con un perentorio VIETATO L’ACCESSO sulle rocce del Corno del Nibbio.
Cerchiamo ora di fare chiarezza su alcuni aspetti fondamentali della vicenda.

2. Le motivazioni che hanno portato ad intervenire sul Nibbio
-Si tratta di una delle falesie lecchesi più interessanti per la qualità della roccia e per il valore tecnico ed estetico degli itinerari ed una delle pochissime a frequentazione estiva, per questo molto ambita;
-La sistemazione del Nibbio, posto di fronte alla Cresta Cermenati della Grigna Meridionale, avrebbe costituito il logico completamento degli interventi in Grignetta – Medale del 2002;
-La falesia ha un alto significato storico, in quanto “laboratorio” verticale dove sono stati sperimentati stili di arrampicata e soluzioni tecniche fin dagli anni ’30 del 900, quando la mitica guida triestina Emilio Comici nella primavera del 1933, proprio al Corno del Nibbio, insegnò ai giovani scalatori lecchesi, splendidi autodidatti, le più avanzate tecniche dell’epoca lanciandoli verso le grandi imprese alpine. Giovani che sono diventati leggenda: primo tra tutti Riccardo Cassin, poi Mario dell’Oro Boga, Vittorio Panzeri ed altri. Negli anni successivi, ogni generazione di scalatori lombardi ha sperimentato nuove tecniche di arrampicata, dall’ “artificiale” fino all’arrampicata sportiva, quando nei primissimi anni ’80 il grande scalatore lecchese Marco Ballerini, dopo l’esordio al Sasso di Introbio nel 1979 – 1980, creò al Nibbio, i primi itinerari “a spit” del lecchese;
-Il Nibbio rappresenta per i Piani dei Resinelli una risorsa per un turismo rivolto alle attività “outdoor” che hanno reso famose le Grigne in tutto il mondo: in primis l’arrampicata.

3. Il progetto e suoi contenuti
L’intervento della C.M. non si limitava alla “richiodatura” (sostituzione di tutti gli ancoraggi di protezione e di calata e, solo dove necessario, correzione del loro posizionamento) con materiale certificato, messo in opera da professionisti abilitati (Guide Alpine), ma prevedeva anche la sistemazione della base della parete e del sentiero di accesso.
In particolare il computo economico prevedeva:
a) Totale rifacimento della chiodatura (Guide Alpine e materiali): Euro 25.000;
b) Sistemazione base e sentiero di accesso (prezzario regionale lavori forestali): Euro 17.000;
c) verifiche geologiche, legali, polizza assicurativa, spese tecniche e somme a disposizione per eventuale acquisizione: Euro 18.000.
L’aspetto innovativo è metodologico: si mirava infatti non solo alla revisione generale della “chiodatura”, ma anche a migliorare le condizioni di fruibilità della falesia, correggendo le situazioni di evidente scomodità alla base della parete che rendono difficoltose le manovre di corda. A testimonianza di questa necessità, sul ripido pendio ghiaioso al limite sinistro della parete sono presenti da anni delle gradinature composte da tronchi e fittoni di ferro sporgenti, fatte con buona volontà ma oggettivamente un po’ precarie.

4. Il gruppo di lavoro coinvolto
Come già per gli interventi in Grignetta e Medale, anche in questa occasione la Comunità Montana ha ritenuto doveroso coinvolgere gli scalatori, sottoponendo il progetto ad un gruppo comprendente i “chiodatori” degli itinerari sportivi principali del Nibbio, gli autori di alcune importanti “richiodature” ed alcuni scalatori, particolarmente assidui, che a diverso titolo si sono occupati della manutenzione nel corso degli anni. Il gruppo di lavoro ha dato un grande contributo con preziosi consigli che sono stati tenuti in considerazione per stendere il progetto definitivo.
Agli atti i verbali degli incontri di questo gruppo di lavoro.

5. I rapporti con la proprietà
Il progetto è stato presentato, in via preliminare, nell’ambito del convegno “L’arrampicata sportiva, una opportunità per il territorio” svoltasi a Lecco il 14 dicembre 2013. All’incontro erano presenti, su invito, le proprietarie del fondo, sig. re Ponziani. Pertanto, tutti gli aspetti del progetto sono ampiamente noti e sono stati resi pubblici.
La Comunità Montana quindi ha proposto la stipula di una convenzione che avrebbe impegnato la proprietà a consentire agli scalatori di accedere liberamente alla falesia. Per contro, la Comunità Montana avrebbe assunto la custodia del sito assumendosi le spese e le responsabilità ad essa connesse, dandone manleva alla proprietà mediante convenzione, effettuando i lavori di manutenzione straordinaria (vedi il progetto di sistemazione) e ordinaria (i monitoraggi degli ancoraggi e della roccia negli anni successivi) impegnandosi inoltre ad accendere una polizza assicurativa a tutela delle responsabilità del gestore del sito.
La Proprietà rifiuta la proposta di convenzione e, considerato il valore affettivo del fondo, propone alla Comunità Montana di acquistarlo ad un valore simbolico di 30.000,00 euro.
La Comunità Montana in via del tutto eccezionale, vista la valenza del Nibbio come “progetto pilota” per la sistemazione delle falesie si è detta disposta all’acquisizione del Nibbio “a proprietà pubblica”, formulando una proposta economica di 10.000,00 euro, con riferimento a una stima tecnica, che viene rifiutata dalla proprietà in quanto ritenuta insufficiente e troppo distante dalla richiesta iniziale.
Questa Comunità Montana ritiene che una falesia non può assumere un valore di mercato in quanto tale, cioè per il fatto che la gente ci arrampica o, a maggior ragione, perché ospita itinerari storici. Riteniamo fondamentale che l’arrampicata sulle falesie naturali possa essere attività svolta liberamente, con la consapevolezza della responsabilità personale di chi la pratica. La ricerca della migliore gestione dei siti dal punto di vista delle protezioni e della funzionalità della falesia può essere in quanto tale ruolo assunto dall’ente pubblico a beneficio di un pubblico interesse.

6. Il ruolo di Fabio Palma, Presidente del Gruppo Ragni di Lecco
All’ultimo incontro per le trattative di acquisizione, le signore Ponziani sono state accompagnate dal sig. Fabio Palma, motivando tale presenza come necessaria al fine di farsi supportare da persone esperte, espressamente individuate nei Ragni di Lecco.
Il sig. Fabio Palma, entrando nel dettaglio dei costi, ha messo in discussione sia la scelta strategica del progetto relativa alla sistemazione della base della falesia, ponendo dubbi sull’utilità di questo intervento, sia i costi di “richiodatura”, affermando di essere in possesso di preventivi più bassi rispetto a quelli della Comunità Montana (che l’Ente aveva preventivamente fornito alla Proprietà) ma da lui non esibiti. Si evidenziavano, in tal modo, ampi margini di risparmio, che avrebbero potuto aumentare l’importo da destinare all’acquisto dell’area.

7. Considerazioni finali
La CMLOVSM si è dichiarata indisponibile a ridurre l’entità delle opere, ne tantomeno a rinunciare alla sistemazione dell’area alla base (punto qualificante del progetto, oltretutto approvato dal gruppo di lavoro come da verbali depositati agli atti) modificando il progetto originario.
Quindi, preso atto dell’impossibilità di acquisire il fondo alle condizioni dettate della Proprietà, con la quale non è stato possibile arrivare ad alcuna mediazione, e conseguentemente non avendo ottenuto l’autorizzazione all’esecuzione degli interventi al Corno del Nibbio, con grande rammarico questa Comunità Montana sta provvedendo a rettificare il progetto originario per impiegare le risorse disponibili e le proprie energie nella valorizzazione di altre falesie del territorio, che già sono state individuate, sempre grazie al prezioso supporto del gruppo di lavoro convocato per aggiornarlo sugli sviluppi della vicenda.
La Comunità Montana Lario Orientale Valle San Martino ritiene che l’esito di questa vicenda rappresenti una amara sconfitta per tutto l’ambiente lecchese dell’alpinismo e dell’arrampicata e auspica che si riesca a trovare una soluzione che sia realmente tesa al bene della comunità sportiva, dei Piani dei Resinelli e del turismo Outdoor del territorio che così faticosamente si sta cercando di promuovere. La Comunità Montana rimane disponibile ad un’eventuale ripresa del confronto”.

Il Presidente
Carlo Greppi

GUARDA LA DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA DELLA COMUNITÀ MONTANA

 

Fonte: montagna.tv

Photo: GiancarloAiroldi



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